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L’export italiano di armi è cresciuto dell’86% negli ultimi cinque anni

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L’Italia è lo Stato che, più di ogni altro, nell’ultimo quinquennio ha aumentato le sue esportazioni di armi verso altri Paesi. A rivelarlo è una nuova indagine effettuata dallo Stockholm International Peace Research Institute (Sipri), che ha approfondito la portata e le tendenze del mercato dell’export delle armi degli ultimi anni e del prossimo futuro. Secondo il report, l’incremento maggiore nel volume di affari è dell’Italia – al sesto posto in termini assoluti a livello globale –, che nel periodo 2019-2023 ha segnato addirittura un +86% rispetto al lustro precedente. Sulla base della lista degli ordini e dei pre-ordini aggiornati al marzo 2024, si apprende che, in proiezione, gli Stati Uniti guidano la classifica della vendita dei caccia con 1071 unità (l’Italia si ferma a 52, dopo Francia, Russia e Cina). USA al primo posto anche per elicotteri militari (390 modelli), cui segue il nostro Paese con 31 ordini o pre-ordini. Per quanto attiene alle navi da guerra, primeggia invece il Regno Unito (32), seguito da Germania (25) e Francia (20).

Nello specifico, i maggiori acquirenti di armi italiane – per la maggior parte velivoli terrestri, aeromobili, siluri, bombe, missili e razzi – sono, in ordine, Qatar (27% delle vendite), Egitto (21) e Kuwait (12). L’Italia è poi il secondo fornitore della Turchia e il terzo della Norvegia, del Brasile e della Francia, che acquista da Roma il 18% dei suoi sistemi d’arma. Ad aumentare è anche la quota del nostro Paese rispetto all’export mondiale di armi: l’Italia valeva infatti il 2,2% nella fase 2014-2018, mentre ora ha un peso del 4,3%. L’incremento dell’esportazione di armi da parte dell’Italia, secondo i dati diramati dal Sipri, è di gran lunga superiore anche a quello fatto registrare dalla Francia (+47 per cento), al momento il secondo Paese esportatore davanti alla Russia. Quest’ultima ha fatto registrare un calo nelle vendite all’estero – cui ha molto probabilmente contribuito in maniera significativa il conflitto in corso con Kiev – che la porta, ad oggi, a fornire armi solo a 12 Paesi, mentre nel 2019 gli acquirenti erano ben 32. Se l’Italia fa segnare numeri da record, come riportato nella ricerca, gli Stati Uniti – protagonisti di una crescita del 17% rispetto allo scorso quinquennio – mantengono nel mercato un indiscusso primato, raggiungendo tra il 2019 e il 2023 il 42% del valore totale dell’export di armi. Gli USA hanno infatti consegnato mezzi militari a ben 107 Paesi, battendo qualsiasi competitor. Sebbene siano calate le esportazioni della Germania (-14 per cento), del Regno Unito (-14) e della Spagna (-3,3), appare significativo il dato che vede gli USA e gli Stati dell’Europa Occidentale rappresentare insieme il 72% di tutte le esportazioni di armi nella fase compresa tra il 2019 e il 2023. In tale spaccato, l’Ucraina è il quarto importatore di armi nel mondo e il principale nel 2023, essendo rifornito da circa 30 Paesi in seguito allo scoppio della guerra contro la Russia.

Il tema dell’esportazione delle armi, in Italia, è al momento oggetto di un aspro dibattito politico. La miccia è in particolare esplosa quando, lo scorso gennaio, la Commissione Affari Esteri del Senato ha approvato tre emendamenti che, come ha immediatamente denunciato la Rete Italiana Pace e Disarmo, renderebbero in futuro particolarmente opaco il commercio di armi in Italia, inficiando “gravemente la trasparenza della Relazione annuale al Parlamento sulle esportazioni dall’Italia di materiali militari”. Il testo della proposta fa parte dell’atto del Senato n.855, volto a riconsiderare alcuni elementi della Legge in materia di produzione e commercio di armi. Il primo degli emendamenti approvati, relativo all’articolo 10-quinques sulle “Autorizzazioni individuali di trasferimento”, dimezza i termini di durata del trasferimento di “determinati materiali di armamento a uno specifico destinatario” ove la domanda di autorizzazione sia relativa al commercio “intracomunitario da effettuare nel quadro di programmi di ricerca e sviluppo finanziati dall’Unione europea”. Il secondo emendamento su cui si concentrano le critiche limita i contenuti della Relazione annuale, rendendo meno definite le indicazioni analitiche (e monetarie) relative ai prodotti oggetto di commercio, eliminando altresì l’obbligo di presentare “l’elenco dei programmi sottoposti a licenza globale di progetto con l’indicazione dei Paesi e delle imprese italiane partecipanti”. Infine, con il terzo emendamento, viene cancellato il quarto comma dell’articolo 27, eliminando di fatto i nomi di banche e istituti di credito dalla Relazione.

[di Stefano Baudino]

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